mercoledì 30 novembre 2011

Avrebbe voluto un posto. Non sapeva quale. E neanche come. Ma uno. Ne voleva uno. Fosse anche una parola, o dentro una conchiglia. In una mollica. O dentro una musica. Dentro ad una canzone. Magari il tempo di una stagione. Non aveva il coraggio di dirlo. Ma ne voleva uno speciale. Si era data; già, non aveva dato. Si era proprio data, lei, se stessa, come se fosse una cosa vivente. Quello che poteva. Non bastava. Lei era sempre incompiuta. Un torbido anacoluto. Frange ostili di tenerezza esasperata e poi una cruda e ruvida essenzialità. Come se all'improvviso poi realizzasse che tutti quei fronzoli erano inutili e crudeli, esattamente come una agonia. E lei quel posto non lo aveva avuto. Non accadde. Accadde altro. Ma non quello. Si rifugiava dentro il tempo a venire. E rovistava futuro. Un qualunque futuro possibile. E non poteva impedirsi di osservare. - "Non andare via"- Sembrava dicesse. Forse, qualche volta lo aveva persino detto. Lo aveva sentito sanguinare tra le labbra e se lo era succhiato per la vergogna. - "Ti insegnerò ad amare"-. Si sentiva forte. Come a volte sanno sentirsi solo quelli che sono pieni zeppi di paura. Come se l'amore potesse significare la misura del loro eroismo, implume e provvisorio. Della precarietà di cui siamo fatti. E lo amava, a volte come leonessa e a volte come pulcino. Senza smettere, nè di amarlo, nè di volerlo amare. Non riusciva a negarselo quel sentimento, che, all'improvviso, di colpo, senza una ragione, contro ogni ragione, era sbocciato. Non come una rosa. Non come un frutto che piega l'albero di vita. No. Quasi cme una pianta carnivora. Fino a renderla un brandello. E a volte brandelli la mente. Avrebbe voluto accorgersi ad un tratto che qualcuno quel posto lo aveva soffiato e plasmato e coperto e nascosto agli occhi del mondo. Di di più. Di tanti mondi. Solo per lei. Le sarebbe piaciuto perdersi e accorgersi ad un tratto che da qualche parte qualcuno aveva lasciato un cantuccio. Non voleva un posto senza freddo. Ma un posto dove provarne uno immenso, un freddo da non poter resistere ed assaporare l'incanto del calore e dell'abbraccio. Non un bosco ma una foglia, in cui sapersi adagiare ed in cui potersi rifugiare. Quello forse sarebbe stato il posto. Ma non accadde. Accadde altro. ma non quello. Nessuna parola. Nessun posto. Nessun pensiero. Lei non esisteva.
Era plasmata e divorata da una tiepida e orrida inesistenza.
Quasi una occasione, senza essere caso.
Forse una radice estirpata.
Le piaceva pensare questo.
Ma quello che ci piace e ci piace pensare è una realtà segreta che si dimena al confine con i sogni.
Tutta nella mente.
Fino a non poterne più.
Fino a riaffiorare.
Incautamente.

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