domenica 6 novembre 2011

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Quei fili invisibili. Una tela senza ragno. Attende di essere spezzata. Un vestito di aria. "Ho freddo. Non rubarmi la neve dagli occhi. Le ho chiesto di andare a fondo e di coprire tutto. Di cancellare. Se ti chiedo di fermarti non ascoltarmi. Ho solo parole eccessive, quasi ridicole. Sono parole buffe ed invadenti. E voglio imparare a parlare con parole invisibili. Piccoli cristalli destinati a sciogliersi e divenire goccioline". Perchè tutto quello che conta diventa sempre meno visibile. Si stinge. Si assottiglia. Si veste di oblio. La vita lo veste e lo sveste di rimembranza e di lenta distanza. E poi, come se fosse stanco, si adagia nella penombra. Deve fare posto a tutto ciò che arriva. E' per quello che scompare. Così sembra. Ma così non è. Siamo pieni di segni che ci hanno levigato l'indifferenza addosso. Si mimetizzano ed affondano nella memoria della pelle. Una memoria crudele, fatta di cicatrici silenziose, lembi su piccoli o grandi inferni, su pozzi, su frammenti di stelle. Qualcuno ha trovato il coraggio e ha cucito le due sponde. Segni che affondano e sfaldano strati, portando via con sé tutto il possibile, l'eccesso, il deserto, e ancora il troppo e il poco ed ogni ritegno. Sino a rendersi irreperibili. "Qualcuno c'era prima qua". Sembra dire il cartello, ma non lo dice. E' distratto e silenzioso. Ma se ci infili il dito, sentirai la presenza di qualcosa, che prima di diventare traccia era impronta e prima ancora altro. Era un qualcosa a forma di vita, pulsante e grondante di vita e che proprio quella vita, tutta quella vita capitatagli, ha fuso con la tua. Niente è più avido di carne e di materia e di nome, dei sentimenti. Soprattuto quando sono fragili e senza forza. Li barattiamo in emozioni e sensi, per ingannare la carne. Lei vuole tutto e tutto vuole trattenere. Sfugge, solo ciò che conta e si adagia in una profondità recondita ed immemore. In un viaggio senza ritorno. Qualcuno la chiama memoria del cuore. Altri anima. Solo perchè alla fine nessuno davvero lo sa. E poi a chi importa?
Ad alcuni oggetti ho chiesto di parlarti e non so se davvero lo abbiano fatto.
Perchè quando si parla, quello che ci turba davvero è l'attesa di una risposta.
Ed è per quello che ho smesso di chiedere.
Anche a me stessa.
"Prenditi cura di me".
Forse, ti avevo detto con parole invisibili.
Le avevo affidate ad una lama.
Ma non lo ricordo più.

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